Genitori si, ma separati: come riuscire ad essere ancora ben presenti con i figli?

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Scopri i consigli degli esperti dell’età evolutiva per tutelare i figli e costruire una nuova forma di famiglia, più consapevole e rispettosa.

La separazione è un passaggio complesso, che mette alla prova adulti e bambini. Ma si può continuare ad essere genitori presenti anche quando la coppia finisce? In questo numero della rivista etica Genitori Magazine facciamo un approfondimento proprio su questi temi, arricchito dalle riflessioni dei nostri autorevoli compagni di viaggio Maria Rita Parsi, Alberto Pellai e Daniele Novara.Le loro risposte non sempre collimano, ma tutte sono orientate a mettere al centro il bene supremo dei bambini, che nell'esperienza traumatica della separazione sono, loro malgrado, coinvolti.

Lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet invece lo abbiamo raggiunto a teatro, nel tour di presentazione del suo ultimo libro Il reato di pensare, di cui troverai una recensione ricca delle sue “eretiche” provocazioni. Infatti lo spettacolo ha fatto tappa anche a Bologna, dove ha la sede il nostro Ente non-profit, che ha appena aperto un Centro di aggregazione, tutto dedicato alle famiglie.

Perché i figli soffrono durante la separazione?

La separazione non è solo un cambiamento organizzativo: è un evento emotivo che i bambini vivono con incertezza e paura. Per questo, come ricorda la psicoterapeuta Maria Rita Parsi, gli adulti devono farsi carico delle proprie fragilità senza scaricarle sui figli.

«Amare, anche quando la coppia si rompe, è scegliere di non far soffrire chi abbiamo messo al mondo. È insegnare ai figli che l’amore può cambiare volto, ma non deve mai perdere il cuore».

Parsi invita ad accogliere il cambiamento come un passaggio naturale della vita affettiva:

«I bambini non hanno bisogno di genitori perfetti – rassicura – ma di genitori coerenti. Bisogna saper insegnare loro che nella vita esistono più punti di vista e che l’amore non è uniformità, ma rispetto. Ciò che fa male ai figli non è la diversità, ma la contraddizione aggressiva: quando mamma e papà si svalutano a vicenda».

Per i genitori ciò significa:

  • evitare che i figli diventino arbitri delle tensioni di coppia;
  • evitare di parlare male dell’altro genitore;
  • mantenere regole chiare e comportamenti prevedibili;
  • spiegare con parole semplici che l’amore può trasformarsi, ma non svanire.

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Quando la separazione diventa ingestibile, che fare?

Il medico dell’età evolutiva Alberto Pellai è più tranchant: «Oggi è come se fossero cambiate la percezione e la definizione dell'amore – analizza –. Non esiste più l'amore con la “A” maiuscola, quello esclusivo. Si vivono gli amori. Non si risponde più al criterio della fedeltà, della monogamia ma vince la cultura dell'Io mentre il sistema famiglia dovrebbe essere centrato sulla cultura del Noi».

Pellai suggerisce che litigi e diatribe fra i genitori restino lontani dagli occhi dei figli e invita a chiedere aiuto se ci si rende conto di non farcela da soli. «Se tutto quello che ha a che fare con la separazione evoca costantemente emozioni troppo intense e difficili da regolare – è la sua sollecitazione –, allora è cruciale avere la lucidità di farsi aiutare. Lo strumento c'è – ricorda –, e si chiama mediazione familiare».

Il conflitto educativo degli adulti

Il pedagogista Daniele Novaraconcentra la sua analisi su una fragilità spesso sottovalutata: quella degli adulti. «I genitori sono fragili e narcisisti, mentre i figli fanno semplicemente… i figli.»

Per Novara, un bambino vivace, ribelle o oppositivo non è un problema: è un bambino che cresce. È l’adulto che deve imparare a gestire la sua ansia e a leggere i comportamenti infantili con uno sguardo pedagogico, non emotivo.

Qual è il vero “bonus” che servirebbe alle famiglie?

Non uno psicologo in più, dice Novara, ma un “bonus pedagogista” che supporti i genitori nel comprendere lo sviluppo naturale dei figli e la gestione dei conflitti quotidiani che la separazione inevitabilmente, amplifica.

Non esistono soluzioni perfette, ma una certezza sì: per un figlio, la cosa più importante non è avere genitori uniti, ma genitori presenti, sensibili e capaci di collaborare. Per noi genitori una cosa è certa: per il bene dei figli non c'è niente di meglio da fare che mettercela tutta.

ALESSANDRA TESTA
giornalista, direttrice responsabile Rivista Etica "Genitori"

CONTATTI e-mail: redazione@bambiniegenitori.it

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