Il “ritiro sociale” dei giovani hikikomori

Il fenomeno del “ritiro sociale” è in grande aumento fra gli adolescenti anche in Italia. Occorre saperlo riconoscere per aiutare i ragazzi ad affrontarlo.

Considerata per molto tempo una sindrome culturale prettamente giapponese, l’hikikomori comincia alla fine degli anni ‘90 a divenire una grave forma di ritiro sociale in diffusione in gran parte del mondo, compresa anche l’Italia.

È un fenomeno da conoscere e di cui è bene parlare, visto il tempo che si passa a casa e l’uso massiccio che ad oggi facciamo di internet. I nostri giovani si trovano spesso da soli, per scelta o perché i genitori purtroppo sono assorbiti dai ritmi frenetici del lavoro, e tanti ragazzi, temendo di non possedere abilità resilienti, si ritirano dal mondo reale per rifugiarsi in una realtà virtuale meno minacciosa e più controllabile.

Nella delicata fase dello sviluppo che si chiama adolescenza’ ci si allontana dall’adulto per avvicinarsi alla socializzazione con le persone della propria fascia d’età; questo diventa al tempo stesso obiettivo ma anche fonte di ansia e preoccupazione per l’adolescente che quindi si isola dal mondo rinchiudendosi nella propria stanza, rinunciando così alla scuola, agli amici, alla socializzazione.

Per i genitori è molto difficile comprendere la situazione e capire cosa fare per sostenere il disagio del figlio anche perché questo fenomeno può verificarsi in correlazione ad altre forme di disturbi psichiatrici come la depressione, possibile primo passo verso l’hikikmori.

Il senso di solitudine, la vergogna, la bassa autostima, associati a fattori socio-culturali come l’enfasi data alla qualità dello studio e del lavoro, alte e rigide aspettative sociali, educazione genitoriale e anche un rapporto dipendente e morboso con la figura genitoriale (prevalentemente materna), verso la quale sempre in Giappone ne sono state rilevate manifestazioni aggressive e atti violenti, sono tutti elementi che possono scatenare il loro ritiro sociale’.

I giovani hikikomori in genere sono ragazzi e ragazze molto intelligenti e sensibili, che vivono un rapporto complesso e altamente critico verso la scuola e la società, di cui mettono in discussione alcuni principi fondanti come il successo personale, la competizione, la realizzazione sociale spinta’ ed elevata a valore. Il tipo di pressione e competizione del nostro modello di vita è per loro decisamente troppo, ed ecco che si ritirano dalla gara prima ancora di averla iniziata, evitando lo sguardo degli altri. 

Della società, e della sua impostazione legata al successo e alla competizione,  hanno una visione profondamente negativa. 

A scuola possono essere stati soggetti ad atti di bullismo e in famiglia - almeno stando all’esperienza giapponese - si verifica spesso la presenza di una figura di padre relativamente assente (specie sul piano emotivo) e una madre preponderante - che si potrebbe anche leggere come una madre costretta ad assumere un ruolo più imponente per via della scarsa presenza energetica del marito. 

Il ritiro che questi giovani attuano attraversa tre fasi, che è importante imparare a conoscere perché prima si riconoscono i campanelli di allarme’ prima si può intervenire nel modo giusto. 

Inizialmente i ragazzi affetti da ritiro sociale provano dolore alla pancia o alla testa che non permette loro di uscire con i coetanei né di fare qualsiasi altra attività all’esterno delle mura casalinghe.

Il ragazzo /la ragazza inizia a sentire un desiderio di isolamento dai compagni e dalle altre persone perché prova malessere insieme agli altri. Può fare assenze saltuarie da scuola, abbandonare le attività sportive, stare molto nella sua stanza, aiutato in questo anche dalle nuove tecnologie Ý internet, video-games. 

Nella seconda fase il ragazzo inizia a trovare motivazioni razionali per isolarsi: la vede come la soluzione migliore e l’isolamento si prolunga, spesso con forti alterazioni del ritmo sonno-veglia. I rapporti con i famigliari è spesso alterato da conflitti. 

La terza fase vede l’interruzione di tutte le relazioni, con una difficoltà sempre maggiore a rientrare nella vita. 

E’ intuibile come il processo di passaggio da una fase all’altra non sia lineare, e come sia utile riuscire a riconoscere i sintomi iniziali per cercare il prima possibile il supporto esterno di un professionista.

Come aiutare?

Quanto più tempo dura il ritiro, tanto più il tempo perde senso, il sentimento della vergogna si installa profondamente e il rischio è sempre più grande.

La vergogna e il dolore allagano le famiglie, che finora non hanno avuto praticamente alcun riferimento. Questo ha portato molti genitori, in perfetta buonafede, a fare i classici errori, peraltro suggeriti anche da insegnanti e professionisti: spronare in vari modi Ý o studi o lavori’, non essere pigro’, guarda gli altri’ ecc..

Oggi finalmente si è compreso che prima di tutto viene la capacità di accettazione. Anche i genitori imparano a uscire dalla pressione sociale degli obiettivi da raggiungere, e a stare’ accanto al loro figlio o figlia così come è, allentando le imposizioni e le aspettative e utilizzando pazienza, supporto e comprensione. 

Il fenomeno di così tanti giovani molto intelligenti e sensibili che rifiutano lo stile di vita di oggi dovrebbe farci riflettere. 

È un aspetto di “sveglia sociale” che non deve lasciarci indifferenti.

Pensandoci bene l’immagine proposta dalla nostra società è narcisistica Ý non a caso vi sono tanti narcisisti a capo di grandi aziende o nella politica (citano molti studi psicologici); in questo senso potremmo considerare gli Hikikomori dei riflettori sociali che ci impongono, con la loro stanchezza di vivere, il loro rifiuto dei parametri vincenti’ del successo e della competizione, una riflessione che aiuti, oltre a loro, anche la società a ristrutturarsi secondo criteri più sani. 

Per sopperire a questa patologia, è importante accorgersi in tempo: per gli adolescenti ad esempio, è fondamentale che i genitori intervengano tempestivamente nel caso in cui il figlio manifesti questi disagi e si recluda eccessivamente. E’ bene cioè non far trascorrere degli anni e rivolgersi ad uno specialista terapeuta di fiducia.

Essendo questo fenomeno molto recente, è molto complicato definire un unico tipo di intervento necessario; questo va infatti individuato dallo psicoterapeuta in base alle peculiarità del paziente, va quindi cucito su misura.

Nel caso in cui si sospetti un Hikikomori, fondamentale è rivolgersi al proprio medico di fiducia che saprà consigliare uno specialista, disposto anche a proporre le prime visite a domicilio (qualora la persona da curare non voglia accettare di uscire di casa).

Tuttavia oggi i genitori hanno finalmente un riferimento affidabile e specializzato anche in Italia. Rivolgetevi con fiducia a: hikikomoriitalia.it  

FRANCA ERRANI
counselor relazionale, formatrice, fondatrice di "InnerTeam" percorsi di trasformazione, scrittrice

Contatti: tel. 347.974.39.87
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