Coppie che scoppiano: dove finisce la famiglia? Come affrontare la separazione per il bene dei figli? Ne parliamo con Alberto Pellai

“La cultura del noi e la capacità di chiedere aiuto sono gli strumenti utili a diventare i migliori genitori possibili, anche da separati”

Ai genitori che decidono di lasciarsi come coppia amorosa, il medico e psicoterapeuta dell'età evolutiva Alberto Pellai colonna portante della Comunità Educante di Bambini e Genitori, il primo Ente NOprofit a sostegno delle famiglie, consiglia di mantenere la cultura del “noi” e di stringere alleanze educative con la comunità circostante.

Perché oggi è sempre più difficile incontrare coppie che restano insieme?

«È come se socio-culturalmente fossero cambiate la percezione e la definizione dell'amore. Oggi le possibilità di autodeterminare le scelte affettive sono molto più ampie. Non esiste più l'amore con la “A” maiuscola, quello esclusivo. Si vivono gli amori. Non si risponde più al criterio della fedeltà, della monogamia, enorme risorsa per le vite delle persone che fanno famiglia, dentro cui va esperito il rispetto e dove ai figli è molto importante garantire protezione e sicurezza. Vince la cultura dell'Io, mentre il sistema famiglia è centrato sulla cultura del Noi e, dunque, sul tollerare la fatica e la frustrazione. Che, peraltro, spesso aumentano quando la coppia si separa. Un autogol».

Però, ci si può separare anche continuando a restare famiglia.

Il punto non è lasciarsi, ma come lo si fa. Dott. Pellai, è d'accordo?

«Credo che l'unica via che in qualche modo vada seguita dentro a una separazione sia la scelta di rimanere coppia genitoriale anche se non si è più coppia amorosa. E di farlo proprio per il bene dei figli; bene che, poi, diventerà anche il bene dei due adulti».

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Qual è il segreto per gestire la separazione nell’ottica della tutela dei figli?

«Provare a non creare conflitto intorno ad essi. Discutere, anche litigare, altrove. Soprattutto nei passaggi della pre-adolescenza e della prima adolescenza, è necessario avere un progetto educativo condiviso, regole, metodi educativi comuni. Anche per  non riscoprirsi, come adulti,  travolti dai compiti, dalle sfide della crescita e dai propri ruoli. Bisogna evitare, inoltre, di trasformare i bambini o i ragazzi in trigger, grilletti costanti attraverso cui continuare ad agire le fratture che hanno portato alla rottura della coppia amorosa».

Che fare per non correre il rischio che i figli si trasformino in un elemento del contendere?

«Ogni conflitto al piano alto deve restare al piano alto. Chiaramente, i figli sanno che quel conflitto esiste altrimenti i genitori vivrebbero ancora insieme sotto lo stesso tetto, ma devono starne fuori. Altrimenti finisce che il bambino assume il ruolo dell'arbitro, pacificatore o mediatore che si prende la responsabilità della prevenzione del conflitto. Non è, e non deve essere, la sua funzione. Mai mettere un ragazzino nella posizione di colui che, quando per esempio torna a casa dal fine settimana, deve riferire come sono andate le cose e, poi, magari, assiste alla telefonata all'altro in cui si continua a perpetrare un disaccordo che invece avrebbe dovuto esaurirsi con la fine della coppia amorosa. Quel figlio non racconterà più niente o inventerà bugie con lo scopo di proteggere, a turno, uno dei due».

Le fasi più difficili sono sicuramente i primi tempi dopo la separazione, quando ci si ritrova oltre che sconfitti, anche impauriti, spaesati e in preda all'emotività.

Che consiglio dare a chi ha appena scelto di allontanare le proprie strade?

«Se ci si accorge che tutto quello che ha a che fare con la separazione in realtà evoca costantemente emozioni molto intense e difficili da regolare, allora bisogna avere la lucidità di farsi aiutare. Lo strumento c'è, e si chiama mediazione».

È giusto comunicare agli insegnanti dei figli l'avvenuta separazione?

«La comunicazione è sempre auspicabile. La rottura fra i genitori è un dato di fatto e apparterrà alla biografia di quel bambino: tutte le agenzie educative, non solo la scuola che è la principale, devono saperlo foss'altro per questioni meramente logistiche come quella del ritiro all'uscita da scuola e, comunque, per avere un quadro completo per la comprensione del comportamento del ragazzo o della ragazza in questione».

Per approfondire puoi leggere anche Scuola e separazione dei genitori... - Bambini e Genitori

Quando i genitori si separano, per il bene dei figli, di cosa non dovrebbero fare a meno?

«Di una rete, un'alleanza educativa con la comunità circostante. I nonni, i genitori degli altri bambini che si frequentano, la scuola, gli allenatori dello sport o gli insegnanti delle discipline extrascolastiche prescelte. Servono più sostegno nonché la possibilità di offrire ai figli luoghi più tranquilli in cui trascorrere il tempo. La solitudine va evitata per tutti, soprattutto in quella delicata fascia d'età che va tra gli undici e quindici anni. Siamo davanti alla prima generazione che, non avendo fratelli e sorelle o mamma e papà che vivono insieme, passa una quantità di tempo in casa da sola; una solitudine che finisce per essere affidata quasi totalmente al mondo social, che offre l'illusione di avere la compagnia di qualcuno che in realtà è da un'altra parte».

Se ti interessa puoi leggere anche CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL'INFANZIA E DELL'ADOLESCENZA

Vivere serenamente eventuali famiglie allargate è possibile?

«Quando si introduce una nuova persona nella vita di un figlio ci sono due elementi che devono essere imprescindibili. Primo: la certezza che quella persona sia dentro a un progetto di stabilità, armonia e non portatrice di nuovo conflitto. Secondo: la funzione del nuovo entrato non è quella del sostituto, ma del sostenitore. Un aiuto a farci diventare il migliore dei genitori possibili». Se vuoi proseguire, puoi approfondire leggendo: Essere un bravo educatore è possibile?

ALESSANDRA TESTA
giornalista, direttrice responsabile Rivista Etica "Genitori"

CONTATTI e-mail: redazione@bambiniegenitori.it

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