«Ognuno di noi come genitore, può scegliere se essere giardiniere o scultore».
«Il giardiniere tratta il proprio bambino come un seme, avendo cura del terreno in cui cresce affinché abbia la piena libertà di diventare quello che è, senza influenza alcuna. Lo scultore, invece, lavora di cesello e scalpello per forgiare un blocco di marmo e trasformarlo nella sua idea di persona, formandolo secondo i suoi desideri».
Eccola qua la metafora che utilizza il medico e psicoterapeuta dell'età evolutiva, Alberto Pellai, per rivolgersi alle famiglie che leggono la nostra rivista etica e che, ogni giorno, sono alle prese con la velocità della luce con cui crescono e si ribellano i figli.
Come educare i bambini alla vita
Professore, come incidono le nostre aspettative sulla loro crescita?
«Per essere consapevole e competente, un genitore deve muoversi come un giardiniere e annaffiare quel fiore per aiutarlo a diventare quello che è. Quello che sarà, non può essere frutto di manipolazione. Un bambino non può assumere la forma che una madre o un padre vorrebbero che avesse: un bambino deve essere aiutato e supportato nel diventare se stesso. Il nostro ruolo è trattare i ragazzi come soggetti, non come oggetti».
Capovolgiamo la prospettiva: cosa un figlio si aspetta dai propri genitori?
«Io credo che nessun figlio si aspetti esplicitamente di avere un genitore adulto e competente. Probabilmente, per lui l'ideale sarebbe avere un genitore-amico, che gli renda la vita piacevole. Tale modalità presto risulterà anche ai suoi occhi inefficace poiché si troverà incapace di trovare da solo il senso del limite, aderire al principio di realtà e allenarsi ad avere l'autonomia e la responsabilità necessarie per affrontare le sfide della vita. Di conseguenza, si può dedurre che l'aspettativa implicita, non detta, di un figlio sia di avere genitori rompiscatole, disponibili al tiro alla fune e al conflitto; un conflitto agito attraverso una dinamica in cui si sta dalla parte opposta sì della barricata, ma in cui il figlio possa progressivamente conquistare, tramite una fiducia man mano accordato, spazi di autonomia».
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Essere genitori nell’era digitale
Quanto, in un mondo così pieno di stimoli e intrusioni da parte del digitale, la libertà spaventa i genitori di oggi? E come vanno gestite le ansie di fronte agli spazi che man mano i figli che crescono vanno prendendosi?
«Nel momento in cui la famiglia predispone bene il giardino, restano da affrontare le perturbazioni, i temporali o le grandinate impreviste. Il ruolo dell'adulto è quello di proteggere, se si tratta di tempeste, il proprio fiore con l'ombrello giusto. Negli altri casi, va mantenuta la calma: la crescita non è un territorio a rischio zero, il genitore deve saper tenere il contatto con se stesso e assumere la prospettiva della speranza: “Mio figlio non è un pupazzo. Andrà per la sua strada e, grazie alla cura, alla presenza e al concime che ha ricevuto, ce la farà e troverà il suo modo di stare al mondo».
Come affrontare frasi come “Cosa ho fatto di male?” e “Perché mi odi”? che i ragazzini già nella preadolescenza rivolgono ai genitori?
«La precocità nella ribellione che riscontriamo nei bambini di oggi è fortemente vincolata alla pervasività del virtuale. Attraverso lo schermo sperimentano esperienze, anche violente, prima del tempo e imitano, emulano modelli non adeguati. Si pensi alle storie pubblicate su Instagram e Tik Tok dai cosiddetti influencer: molti usano linguaggi forti e non rispettosi; altri creano non luoghi paralleli alla realtà e che non appartengono agli spazi propri anche della famiglia di provenienza più funzionale. Una potenza di immagini di fronte a cui la pacatezza dell'educazione ha molto meno fascino e davanti alla quale il genitore può trovarsi spiazzato e impotente».
Consigli pratici per un approccio costruttivo
Professore, che fare allora in concreto?
«Fermarsi, evitare di essere fastidiosi con delle sfuriate e cercare escamotage per aiutare i minori a sviluppare il senso critico. Esempio: “Domani alla tale ora ci diamo appuntamento, così mi racconti questo video che stai guardando". O ancora si crea una rete con altre famiglie e si discute tutti insieme, genitori e figli, di quel che seguono sui social, dando spiegazioni che informano su qual è la posizione educativa dei genitori su quella “roba lì”».
Cosa consiglia invece davanti a messaggi apparentemente innocui ma che creano grande dipendenza come l'unboxing e cioè la pubblicazione di video in cui si spacchettano continuamente dei prodotti, quasi sempre a scopo pubblicitario?
«Un'opzione potrebbe essere agire per paradosso: chiedere al proprio figlio di produrre un video in cui lui stesso spacchetta dei giochi o delle figurine, associando ad ogni azione delle parole che ironicamente descrivono quell'attività da cui è molto attratto e che così immediatamente viene ridimensionata.
O sennò fare un patto del tipo: “Oggi al fast-food; stasera minestrone” che diventa “Vuoi guardare per mezzora lo spacchettamento su Youtube? Allora poi leggi almeno un'oretta quel romanzo che abbiamo comprato insieme”».
ALESSANDRA TESTA
giornalista, direttrice responsabile Rivista Etica "Genitori"
Contatti: redazione@bambiniegenitori.it
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