Bilanciare l'attenzione alle dimensioni emotive con la salvaguardia dei diritti e degli interessi non è facile.
E spesso si tende a considerare il diritto come estraneo al mondo delle emozioni e dei sentimenti.
Tuttavia, se questa percezione può essere valida per alcuni ambiti giuridici, oggi fortunatamente, si sta assistendo a una crescente valorizzazione di forme di giustizia complementare. Queste forme non trascurano la dimensione psicologica nemmeno nelle controversie legate al diritto commerciale, societario e altri settori, ma questo fenomeno diventa particolarmente evidente nei contesti giuridici che coinvolgono famiglie e minori, dove si stanno sviluppando e apprezzando approcci che tengono conto delle sfumature emotive delle situazioni.
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La cornice giuridica può trasformarsi in un contesto di cura delle relazioni, abbracciando e promuovendo forme di giustizia alternative o complementari come la mediazione familiare, la coordinazione genitoriale e la pratica collaborativa.
Valorizzando le alternative dispute resolution, attesta una consapevolezza crescente dell’esigenza di integrare la risposta del sistema giustizia, soprattutto in situazioni caratterizzate da elevata conflittualità e, di conseguenza, rischio di danni psico-evolutivi per i minori. Tale approccio pone al centro la centralità dei bambini e dei ragazzi in ogni intervento.
Si prospetta, quindi, una nuova e significativa tutela dei soggetti più vulnerabili all'interno delle famiglie, ossia i minori, che mira a bilanciare l'attenzione alle dimensioni emotive con la salvaguardia dei diritti e degli interessi.
Questi strumenti non solo aumentano la qualità delle relazioni, ma mettono in luce gli interessi sottesi alle diverse posizioni che, nel contesto processuale, tendono comunemente a irrigidirsi. Il sistema giudiziario, intrinsecamente non predisposto a intervenire nella dimensione emotiva delle relazioni, spesso risponde solo con soluzioni parziali.
L’articolo 473-bis .10 2° c.p.c. prevede addirittura la possibilità che il giudice, qualora ne ravvisi la opportunità, ottenuto il consenso delle parti, possa rinviare l’adozione dei provvedimenti relativi ai figli per consentire ai coniugi una mediazione con esperti per raggiungere un accordo che tuteli l’interesse morale e materiale dei figli. Questo attesta meglio di ogni altro passaggio normativo la rinnovata fiducia per percorsi che, ripristinando flussi comunicativi “sani”, restituiscono il riconoscimento di fiducia alle figure genitoriali.
E’ infatti ai genitori che l’ordinamento attribuisce in primis il dovere di realizzare il c.d. best interest of the child.
Evitare, attraverso i rimedi della giustizia complementare provvedimenti giudiziali di limitazione o peggio ablazione della responsabilità genitoriale, riduce altresì da parte dei medesimi genitori il frequente ricorso alla delega all’Autorità Giudiziaria nel disorientamento generato da un conflitto che non riceve cura, contenimento e risoluzione.
Le novità della riforma “Cartabia”, pertanto, rappresentano un primo passo affinché nella cornice giudiziaria acquisiscano valore pregnante le parole dialogo ed empatia, quali punti di partenza per un nuovo approccio volto alla risoluzione delle controversie che interessano la famiglia, integrando dimensione psicologica con quella giuridica, per garantire una risposta che possa davvero definirsi completa e in grado di restaurare, come accade nell’antica tecnica giapponese del kintsugi, le crepe formatesi nella relazione in seguito alla spesso dirompente potenza dell’evento separativo.
Il nuovo assetto dei rapporti che ne discende ha in sé qualcosa di nuovo, ma anche di prezioso, proprio come le nobili materie d’oro che ricompongono le parti del vaso infranto.
ALESSANDRA POLI - ANTONELLA POLI - CECILIA GERBOTTO
avvocate, esperte in diritto di famiglia
Contatti: tel. 011.433.05.90 - studiolegalepoli.org
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