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Il conflitto fa paura. Ma dobbiamo insegnare ai bambini a gestirlo in maniera costruttiva, anziché evitarlo, o peggio ancora, lasciarlo sfociare in violenza.
Un argomento quanto mai dibattuto, in tutte le chat dei genitori, in tutti i collegi docenti, spesso nei colloqui con le insegnanti: i litigi tra bambini. Quanto e quando intervenire? Il meno possibile. In che modo? Con un approccio indiretto. E la scuola cosa può fare? Tantissimo!
Questo contenuto? È Certificato!
Se sto scrivendo qui, sul blog e sulla rivista etica per Genitori, è perché l’Ente italiano “Bambini & Genitori”, la prima Community NOprofit nel panorama educativo nazionale, ha certificato l’etica di quello che stai leggendo.
Grazie al suo Comitato Scientifico, che vede nomi autorevoli come Paolo Crepet, Maria Rita Parsi e Alberto Pellai, veri luminari sull’educazione genitoriale; ha ritenuto che questi contenuti seguano le linee-guida educative del terzo millennio, siano pedagogicamente corretti e propedeutici allo sviluppo degli adulti di domani, quindi buona lettura!
Esiste l’educazione al conflitto?
Assolutamente sì. La differenza semantica tra conflitto e violenza esiste ed è forte e chiara, anche se da più parti si tende a misconcepirla.
I cartelloni appesi in più classi con la scritta: “non si litiga!” cosa insegnano ai bambini? Insegnano che litigare è sbagliato, che il conflitto va evitato, anziché gestito. La scuola insomma, insegna che no, non sono graditi i conflitti.
La prima agenzia educativa dismette quindi un compito, che invece dovrebbe essere essenziale: insegnare a gestire i conflitti, a starci dentro, per apprendere competenze relazionali importanti. D’altro canto anche all’interno della famiglia spesso raccomandiamo ai bambini di andare d’accordo e di non litigare. E le soluzioni sono le più disparate: “dillo alla maestra”, “non
rispondere” oppure: “fatti giustizia”.
E come insegnante, assisto a bambini che si sforzano a essere “bravi” e a non litigare per quel gioco, per quella incomprensione. Quando arrivano da me e si sentono rispondere: “avete litigato? Non importa: parliamone e impariamo insieme a litigare in modo “corretto” sgranano gli occhi, in un misto tra stupore e, mi permetto di dirlo, liberazione.
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La mia risposta è negativa. Le capacità relazionali che vengono messe in campo in un conflitto ben gestito sono numerose ed essenziali. L’altro da me, il mio compagno oggi - un genitore, un amico domani - può essere un ostacolo alla mia volontà e dunque un limite e io quel limite non lo devo eliminare, ci devo stare davanti: devo indossare il cappello verde della creatività (come ci suggerisce De Bono), esercitare il mio pensiero divergente e trovare una soluzione.
L’idea dell’altro, che sembra così inconciliabile con la mia, va tenuta in considerazione. Se evito quel conflitto, evito un allenamento e imparerò che di fronte ad un limite, mi conviene fuggire, o nella peggiore delle ipotesi, eliminarlo.
Se fossimo più consapevoli di quanto poco ci mettono i bambini a trovare una soluzione accettabile, di quanto la nostra opinione circa le categorie di vittima e carnefice per loro sia obsoleta, probabilmente smetteremo di intervenire in continuazione.
Ricordo due bambine di 3 anni che litigavano per il possesso di un bellissimo triciclo. La prima, fieramente in sella, non ne voleva sapere di scendere. La seconda, aggrappata al manubrio mi guardava implorante urlandomi: “Non me lo da!” Mi sono avvicinata e ho chiesto a queste due bambine di provare a trovare una soluzione:
- la seconda ha trovato la sua: ha iniziato a piagnucolare;
- la prima bambina, vedendo la compagna in sofferenza si è alzata, in assoluto silenzio e le ha ceduto il posto, probabilmente trovando più interessante una bambola che in quel momento avevo in mano.
Nessuna sgridata, nessuna soluzione scelta da me. Autoregolazione, in un normalissimo conflitto tra bambini.
Se la scuola dicesse ai bambini che possono parlarsi e che è davvero possibile trovare delle soluzioni, delle alternative e che colui che rinuncia non è il più debole, in fase adolescenziale saremmo facilitati ad un confronto migliore. Costruttivo. Perché davvero non serve a nulla scappare dal conflitto! Se vuoi approfondire, può esserti utile leggere: Come insegnare ai figli la capacità di mediare?
FABIANA PANCALDI
pedagogista, mediatrice familiare sistemica, esperta in autismo e ADHD
Contatti: tel. 328.151.20.55
@fabipedagogista1980
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