Mal di… “pappa”

È la patologia più diffusa fra i 6 mesi e i 3 anni… la sintomatologia? Variabile, contagiosa, con stress familiare!

La prognosi è “riservata”, almeno fino all’ingresso  all’asilo  nido  (lì  poi mangerà di tutto, contateci!).

La Terapia? “Di gruppo”, con l’intervento frequente del pediatra, dei nonni e di supporters familiari vari. E non sto scherzando! Nei miei molti anni di carriera pediatrica mi sono dovuta  convincere seriamente di quanto ho affermato prima; il delicato ed instabile equilibrio fra mamma e figlio che si è riusciti a creare durante il periodo dell’allattamento viene infatti messo a dura prova al momento dell’introduzione delle prime pappe.

Finchè il lattantino ingurgita solo latte, superato  il  problemino  “coliche” ed il classico dilemma dell’allattamento al seno: “ma gli basterà il mio latte??”, tutto sommato un modus vivendi si trova, lo svezzamento invece innesca un temibile meccanismo  per  cui  la  mamma si convince che se il piccolo rifiuta anche un solo cucchiaino della pappa preparata morirà senz’altro di fame e lei avrà miseramente fallito nel suo compito di Nutrice. 

Non sto qui a raccontare le numerose scene raccapriccianti che mi sono stata descritte da mamme disperate che, nel tentativo di far mangiare i loro figli, mettono in atto tutti i trucchi possibili per distrarre l’attenzione del bambino dalla “famigerata pappa”, spesso coinvolgendo papà straniti al rientro dal lavoro o nonni più disponibili anche se lievemente critici, per realizzare tremendi teatrini, racconti animati di fiabe, con l’ausilio contemporaneo del televisore, del tablet e magari anche dell’iphone, pur di riuscire ad infilare un abbondante cucchiaio di minestra nella bocca per un attimo aperta del povero piccolo che in realtà la ha aperta per sbadigliare davanti allo spettacolo indecoroso offertogli dai suoi cari… naturalmente la pappa la sputerà di lì a poco per dimostrare che mica è così facile prenderlo in giro… passiamo dunque alla parte: “consigli”!

Cosa fare cioè e cosa non fare affinchè i pasti non diventino una guerra aperta? 

Intanto, se siete alle prime armi, non affrontate il momento del pasto con ansia, deve essere una parentesi serena di incontro mamma-bambino (nes- sun bambino sano nel mondo occidentale è mai morto di fame, non sono mica stupidi i nostri figli: quando avranno fame mangeranno).

A tavola si mangia, non si guarda la televisione, non si gioca, non si leg- gono libri; finchè si è piccoli e quindi si vuole anche toccare ciò che si deve ingoiare, può essere accettata una piccola manina che fruga nella minestra o un cucchiaino in più affidato al piccolo se vuole essere precocemente autonomo. Il cibo nel piatto non fa mai “schifo”, al massimo può non piacere, in tal caso si mette da parte e si aspetta il piatto successivo, sempre che il menù lo preveda. Inseguire il bambino per tutta la casa pregandolo di assaggiare qualcosa o minacciando chissà quali ritorsioni, investe il piccolo di un eccessivo potere di controllo nei vostri confronti e, poiché è molto più furbo di voi, imparerà ad usare tale potere in campi sempre più ampi del vostro rapporto.

Per concludere, ricordate quale è il vostro ruolo: il genitore decide, il bambino obbedisce, sempre con serenità ed affetto, con dolcezza e rispetto: in fondo è proprio ciò che il vostro piccolo vi chiede, vuole essere guidato da voi nei primi passi di quella che sarà una bellissima avventura: la VITA.

MARINA CIAMPOLI
ex responsabile unità pediatrica-nido d'Ospedale


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