“Ragazzi, coltivate le passioni: regalano piacere e nutrimento. E scegliete buoni allenatori fra gli adulti. Tollerate la fatica: l’impegno torna sempre indietro”.
Un percorso universitario durato 17 anni. E tanto lavoro sul campo, preceduto da una gavetta come educatore in oratorio. Medico e psicoterapeuta, Alberto Pellai ha una grande passione: la prevenzione in età evolutiva. Padre di 4 figli,
è appena uscito il suo libro illustrato Noemi nella tempesta (De Agostini), scritto con la psicopedagogista Barbara Tamborini, sua moglie. Sullo sfondo, il Covid e la necessità di fare squadra.
Quando ha deciso che la medicina sarebbe stata la sua strada?
«È successo senza che me ne rendessi conto. Avevo un padre medico e molte incertezze su cosa avrei fatto da grande. Sentivo, però, questa professione come sfidante, affascinante e utile. Ho studiato tanto. La passione forte l'ho sentita mentre preparavo la tesi di laurea e svolgevo il servizio civile in un centro di sostegno alla crescita per minori. Mi accorsi che esistevano troppi bambini e ragazzi affaticati».
Che specializzazione ha scelto?
«Una specializzazione in Sanità pubblica e medicina preventiva. Erano gli anni in cui era esplosa l'emergenza Hiv e nel mio dipartimento nessuno si era mai occupato di prevenzione educativa o di educazione alla prevenzione sanitaria. C'erano tanti laboratori e studi di microbiologia che approfondivano gli aspetti virologici. E così mi sono dedicato alla prevenzione dei comportamenti a rischio. Dottorato e volo per gli Stati Uniti, dove ho lavorato in un centro per la prevenzione degli abusi sui minori e sperimentato diverse modalità di lavoro di comunità e sostegno alla genitorialità. Un'esperienza bellissima e innovativa: ho appreso tante strategie che ho messo nel mio kit degli attrezzi».
Poi è tornato in Italia?
«Dopo tanti approfondimenti nel campo della prevenzione, ho sentito che mi mancava un pezzo: la clinica dello psicoterapeuta. Con i progetti sugli abusi sessuali e di educazione emotiva Le parole non dette e Il segreto di Fata Lina (con l'episodio omonimo della Melavisione) ho fatto per 7 anni promozione di un nuovo metodo in ambito comunitario e scolastico che nel giro di poco, dopo tante difficoltà, scetticismi e una sperimentazione all'interno della scuola primaria di Milano, è diventato un modello di lavoro utilizzatissimo».
Essere figlio di un medico l'ha aiutata?
«Mentre studiavo Medicina poter vivere l'ambulatorio di mio padre, medico di famiglia, è stato importante. A 25 anni mi sono laureato ed è arrivata per lui l'età della pensione. Per me fu un grande dilemma: sostituirlo nel paese in cui aveva sempre lavorato o rifarmi daccapo? Ho scelto la seconda via: il primo stipendio è arrivato a 31 anni quando ho vinto il concorso da ricercatore. L'unica a rimanerci molto male (sorride) fu mia nonna».
Se esce da se stesso come si vede?
«Come la somma di tutte le cose che ho studiato: medico, psicoterapeuta e ricercatore. Ho una vita che è andata ben oltre le aspettative. Non ho fatto altro che studiare e prepararmi».
E la scrittura?
«Credo di aver avuto fortuna, all'inizio sono stati gli editori a cercarmi. Ho sempre avuto la passione e da ragazzo ho vinto molti viaggi grazie ai concorsi di scrittura, ma mai avrei immaginato che scrivere sarebbe diventata parte del mio mestiere».
In questo periodo di pandemia, si sente investito di un particolare ruolo?
«Dopo un articolo inviato lo scorso marzo al Corriere della Sera sull'emergenza sociale in arrivo, ho iniziato a dialogare con ragazzi e genitori su Facebook dando voce, in maniera costruttiva, ai bisogni della famiglia assente in ogni Dpcm».
Intervista di Alessandra Testa
giornalista, direttrice responsabile Genitori
?
VUOI APPROFONDIRE❓
?SFOGLIA L’ANTEPRIMA della rivista che parla di questi argomenti e PRENOTA la tua copia della rivista Etica “Genitori”: puoi riceverla a casa con una donazione minima di € 10
?
TI E’ PIACIUTO L’ARTICOLO?
Lascia un ✨MI PIACE✨ alla nostra pagina Facebook e unisciti alla Comunità di Bambini e Genitori ‼️