Cosa ci fa stare “connessi”? Cos’è che ci attrae così tanto?

Nei nostri cellulari c’è un mondo digitale che si comporta come un vero prestigiatore: ci fa magicamente sparire la noia e l’angoscia del vuoto perché ha il potere effimero di “farci sognare”.

Ci da costantemente l’illusione di essere immersi in una rete di relazioni amicali facendoci sentire popolari e amati, ci fa viaggiare in lungo e in largo per il mondo facendoci vedere luoghi incredibili senza essere lì… ci da anche l’illusione di essere più colti e istruiti attraverso un processo “settoriale” legato a determinate ricerche che l’algoritmo capta.


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Tutto questo avviene grazie a un semplice cellulare, sul palmo della nostra mano, mentre tutto intorno a noi resta uguale. Concepito inizialmente come strumento per interagire con gli altri, il cellulare è diventato oggi un vero e proprio feticcio, una sorta di ‘riflesso identitario’, espressione di chi vorremmo essere. “Ti mostro chi sono con un video, un post, un balletto o un’immagine” e ho tutto a portata di mano.

Ecco perché i nostri figli si tengono sempre aggiornati sugli ultimi modelli di cellulari usciti e conoscono perfettamente le caratteristiche tecniche ed il numero di telecamere di ognuno… questo è lo stimolo prevalentemente degno di nota per loro!

L'immagine è composta da tanti cerchi luminosi di differenti colori che si fondono fra loro e rappresenta idealmente l'unione e il sostegno della Community Etica di Bambini e Genitori

Tuttavia, la rete internet del nostro cellulare ha certamente facilitato gli scambi sociali, ma li ha limitati a semplici interazioni, che sono decisamente più superficiali delle relazioni vere e proprie. Sono veloci, fugaci e non comportano obblighi o spiegazioni. Non serve “metterci la faccia” e nemmeno la propria identità reale.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità urla da anni a gran voce i danni irreversibili provocati dall’uso continuativo dei cellulari e dall’iperconnessione, ma ormai è diventato un suono sordo che nessuno sente o vuole fermarsi davvero ad ascoltare. Eppure, le conseguenze sono oggettive e sono sempre più evidenti le correlazioni negative tra lo sviluppo psicofisico e l’iperconnessione.

Secondo l’OMS, infatti, i ragazzi crescono non solo ricurvi, sedentari, con l’alta probabilità di diventare obesi, ma anche con notevoli difficoltà di concentrazione, di attenzione, di apprendimento e con non pochi disturbi del sonno.

Per non parlare poi dei problemi evidenziati a livello relazionale e identitario: da anni si parla infatti di una propensione a non sviluppare gli aspetti empatici, fondamentali per una relazione sana con l’altro, e alla costruzione di una personalità narcisistica e sempre più patologica. Allora, mi domando: davvero abbiamo bisogno di altre evidenze per intervenire in maniera più strutturata sull’iperconnessione?

PATRIZIA VALENTI
psicologa e psicoterapeuta
sistemico-relazionale,
direttrice STF Studio Terapia Familiare

Contatti: tel. 339.733.47.11 studioterapiafamiliare@gmail.com


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