Il giudice minorile come interviene a sostegno dei bambini e delle loro famiglie?

Tutto è caldo e morbido, i bambini, finita la scuola, tornano a casa dai loro genitori per godersi la propria famiglia… Ma è sempre così? Purtroppo no. 

Lavorando come giudice esperto presso un’istituzione dei minori, spesso vediamo realtà ben diverse: genitori assenti, disfunzionali, drogati… in una parola: inadeguati.

Non tutti i genitori , infatti, sono all'altezza del compito a loro affidato per incapacità, irresponsabilità e superficialità, anche se tentano, in tutti i modi, di dimostrare il contrario, in primis a se stessi e, poi, alle istituzioni. Ma per essere dei bravi genitori non è sufficiente procreare, anzi, la procreazione è soltanto il primo atto genitoriale a cui seguirà un ruolo con funzioni molto complesse e per le quali, a volte, non si è preparati.

In questi casi il tribunale, su segnalazione dei Servizi territoriali o di altre istituzioni che operano a tutela dei minori, valuta la necessità di tutelare un bambino allontanandolo dalla famiglia d’origine per collocarlo in un contesto più sicuro in cui si garantisca una vita più sana e calibrata sulla base delle sue esigenze.

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Ma pensiamo al trauma che può subire il bambino che si vede affidato ad un’altra famiglia e alla necessità tutelativa, da parte di un giudice, di spiegarne al minore le motivazioni: il bimbo, anche se ha vissuto fino a quel momento in un contesto altamente pregiudizievole, non ha una definita capacità di capire,

in profondità, le motivazioni del distacco dai genitori biologici. Infatti, la predisposizione naturale di ognuno di noi è diretta a creare un attaccamento saldo con le figure genitoriali soprattutto, poi, con la figura materna, quale elemento generante.


L'allontanamento dal contesto famigliare d’origine non è mai un successo
tant’è che un tribunale, prima di agire in tal senso, valuta attentamente ogni possibilità affinché si trovino soluzioni alternative. Ma quali parole, gesti e modi usare per dire a quel bambino “mamma e papà non sono in grado di accudirti, pur volendoti bene”?

Dal punto di vista pedagogico, sono sempre stato convinto che un bambino sia “un adulto in miniatura” e nell’ascolto del minore, esiste in primis la necessità di porci come adulti, con un approccio intellettualmente onesto e chiaro nei confronti del bambino. E’ quindi essenziale rapportarsi a lui con un atteggiamento empatico, ma anche pratico, affinché possa ricevere una lettura non confusa di ciò che gli capita. Attraverso tale complicità, insieme all’educatore, avrà modo di ripercorrere gli eventi della sua quotidianità, dalla permanenza in casa, alla frequenza scolastica, alle abitudini di svago con i genitori, al rapporto con gli amici.

Difronte a genitori disfunzionali, ognuno di questi momenti si mostra alterato e non rispondente a corrette azioni genitoriali.

Pensiamo a quei genitori che, per effetto della dipendenza da alcool o droghe, si addormentano in casa alla presenza di figli molto piccoli oppure a quei genitori che si disinteressano totalmente della vita scolastica dei figli o a quelli che agiscono nei loro riguardi in modo violento. Un bambino, soltanto attraverso il ragionamento e la guida dell’adulto esperto, discerne in modo netto il male dal bene e, pur conservando l’amore naturale per i genitori biologici, riesce a comprendere le ragioni a sostegno del distacco subito.

Solo mediante una motivata e ragionevole spiegazione, sarà possibile sostenere un minore, alleviandone il dispiacere, nella fase di inserimento nel nuovo contesto famigliare. Un bambino cui si nasconde la realtà, è un bambino che, chiudendosi nel suo silenzio, non riuscirà mai ad attribuire un senso agli eventi della vita.

RAFFAELE FOCAROLI 
pedagogista esperto in scienze comportamentali, creatività ed educazione emozionale

Contatti: tel. 340.645.24.92 - centrofamigliaefigli.it


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