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L’adolescenza non si chiamerebbe “età dello tsunami” se fosse una passeggiata, una brezza gentile.
Quel che spesso, però, come genitori ci dimentichiamo, così presi a fare i conti con le nostre incontrollabili ansie, è che quello tsunami non riguarda noi, ma i nostri figli.
Noi genitori non siamo i protagonisti della grande bufera, soprattutto emotiva, che essi affrontano nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza; noi genitori siamo i loro allenatori, gli alleati, i capitani, coloro che forniscono un'obiettiva cassetta degli attrezzi per fare la gimcana fra fretta di spiccare il volo e paure (soprattutto le nostre).
Ecco allora che – come fanno notare gli psicoterapeuti Paolo Crepet, Maria Rita Parsi e Alberto Pellai – non solo sarebbe auspicabile una giusta formazione prima di mettere al mondo un figlio, sarebbe necessaria anche un certa capacità di discernere fra ciò che è reale e ciò che non lo è.
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Perché si accendono i conflitti in famiglia?
Non essere d'accordo su una data situazione, avere opinioni differenti, non è per forza un motivo di conflitto, anzi. È piuttosto uno stimolo al confronto, che è poi ciò che dovrebbe stare alla base del rapporto genitori-figli.
E ancora: il timore per i pericoli del mondo esterno e di quello virtuale (in effetti molto meno controllabili) non deve tramutarsi in una angosciosa mania di controllo né tanto meno in un guinzaglio da legare al collo, accompagnato più da divieti che da incoraggiamenti. La paranoia non può essere la strada. Così come non lo possono essere le urla e le punizioni.
Come affrontare il bisogno di autonomia dei figli?
La strada è la stesura di un patto fra le parti, genitori e figli, sul quale poi costruire un tiro alla fune con cui mollare, in base alle competenze acquisite, graduali e meritati spazi di libertà.
Anche se prima della partenza per una breve vacanza in autonomia una frase come «Mamma, papà, non vi preoccupate che se muoio vi avvisano!» pronunciata da un preadolescente per svincolarsi dai troppo controlli a distanza può inizialmente spiazzare, il sarcasmo che quell'ex bambino ha scelto per comunicare che sta diventando grande non solo è molto sano ma è anche un segnale del fatto che, nonostante la paura, siamo riusciti a fare tutto sommato un buon lavoro.
E allora liberiamoci dai troppi pensieri, da telefonini e geolocalizzazioni e, innanzitutto, ascoltiamo e osserviamo. Poi, respirando profondamente prima di guardarlo mentre si allontana con lo zaino in spalla, assumiamoci il razionale e saggio rischio calcolato per convincerci che la strada che gli si sta aprendo davanti è molto più stimolante e ricca di opportunità che un comodo e tranquillizzante (per noi, non per lui): “Resti a casa così non ti succede niente”.
Andrai a modo tuo!
«A modo tuo, andrai a modo tuo, camminerai e cadrai, ti alzerai, sempre a modo tuo.
A modo tuo, vedrai a modo tuo, dondolerai, salterai, cambierai sempre a modo tuo.
Sarà difficile lasciarti al mondo e tenere un pezzetto per me e nel bel mezzo del tuo girotondo non poterti proteggere.
Sarà difficile ma sarà fin troppo semplice mentre tu ti giri e continui a ridere».
A modo tuo, Elisa e Ligabue
ALESSANDRA TESTA
giornalista, direttrice responsabile Rivista Etica "Genitori"
Contatti: redazione@bambiniegenitori.it
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