Cosa fare quando si entra in conflitto con i figli? Ne parliamo con il dott. Alberto Pellai

«La crescita è uno tsunami. Possiamo dirci tutto in famiglia, ma non ce lo possiamo urlare»

Il medico e psicoterapeuta Alberto Pellai, che con il pedagogista Daniele Novara ha lanciato una petizione che ha già raggiunto 70.000 firme per chiedere al Governo italiano di limitare l'uso degli smartphone sotto i 14 anni e dei social sotto i 16; invita a non confondere la protezione con il divieto. «La protezione davanti alle nuove dipendenze – mette in guardia – è necessaria così come lo è stata per il fumo, l'alcol e il gioco d'azzardo». Ed è proprio il dovere alla protezione dei minori l'approccio con cui Pellai affronta il tema del conflitto fra genitori e figli.

L'ansia di indipendenza genera conflitti all'interno del nucleo familiare.

Qual è il confine fra controllo e fiducia?

«Nel passaggio fra infanzia e adolescenza, il figlio passa dal copione dell'obbedienza a quello dell'autonomia. Il genitore si sente spiazzato: non riconosce più il suo “bambino” e si vede spinto a tenere una posizione autorevole per contenerne l'irruenza. La prima adolescenza è uno tsunami».

Come affrontare tale tsunami?

«Al genitore è richiesto di giocare al tiro alla fune con atteggiamento zen per evitare che il rapporto col minore diventi una gara all'urlo selvaggio. Le prime richieste di libertà dei pre-adolescenti sono parecchio goffe e si concentrano sull'ottenimento del “tutto subito”. In adolescenza, i ragazzi cominciano ad essere più competenti e sperimentano il proprio potere di azione, avanzando richieste mirate».

E i genitori vanno in ansia...

«Se fino ad un attimo prima lo scontro era per proteggerli dalla loro incompetenza, col conflitto successivo i genitori provano a mettere al sicuro se stessi. Contro quei “no” dettati dalla paura i figli combattono perché vogliono conquistare il proprio posto nel mondo. E, in età più adulta, perseguire un progetto di vita diverso da quello che i genitori avevano programmato per loro».


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Come valuta l'ansia dei genitori fra smartphone e geolocalizzazioni?

«Che un genitore chieda al figlio di mandare un messaggio quando è arrivato a casa da scuola avrebbe senso nella striscia di Gaza. Qui i pericoli sono altrove. Il mondo virtuale va attenzionato: è un habitat che ha ridotto, sì, l'ansia protettiva sull'incolumità fisica, ma che ha spalancato altre finestre di scontro: figli chiusi in camera con la testa dentro a uno schermo e genitori in crisi di nervi che cercano di spingerli fuori».

Nessuno dei nostri genitori ha dovuto litigare con noi per farci smettere di giocare a Monopoli.

Ora è un continuo: “Basta smartphone”...

«Un conflitto faticosissimo da cui può scaturire un'astinenza nell'utilizzatore dello strumento, che può rispondere con rabbia e violenza». A questo proposito, puoi approfondire leggendo: Come aiutare i figli a sopravvivere al digitale? Ne parliamo con Alberto Pellai

Come riportare serenità?

«Non va temuto il conflitto. L'adulto deve essere il referente del “cosa” e del” come”: cosa si dice e come lo si affronta. Perché il minore e immerso in un'iperattivazione emotiva che non sa controllare. Come l'adulto starà regolato nel conflitto fungerà da autoregolazione dell'altro. Il modus operandi dovrebbe essere: “Ci possiamo dire tutto, ma non ce lo possiamo urlare”. Lasciare uscire il “cosa divergente”, facendo in modo che il “come” non distrugga l'altro né serva a contendersi zone di potere».

Quanto lo scontro è influenzato dall'esempio della coppia genitoriale?

«Moltissimo. I figli lo imparano, guardando i genitori confliggere. Dovremmo mostrare loro che su molti temi anche due persone adulte non sono d'accordo e che lo scontro può diventare il luogo per generare un “noi” condiviso». Se vuoi approfondire, può esserti utile leggere: I “teen” ci chiedono una presenza adulta!

Che collegamento c'è fra la pervasività del virtuale e l'aumento della violenza?

«Più sto nel virtuale e più mi allontano dalla zona di autorevolezza dell'adulto. È una zona franca in cui posso fare tutto, senza una retroazione sui miei errori, senza nessuno che si allerti quando sto esagerando e mi fornisca un bagaglio di contenuti per distinguere il bene dal male».

Quando un genitore deve avere il coraggio di chiedere aiuto a una figura esterna?

«Quando il conflitto diventa distruttivo. O se sviluppa un'impotenza tale che lo porta a ritirarsi, lasciando fare al figlio qualsiasi cosa e abdicando al ruolo educante».

Il non rispetto delle regole è sempre negativo?

«La trasgressione appartiene all'adolescenza: torno mezz'ora dopo per farti modificare quel limite con cui mi consideri ancora bambino. Se invece la trasgressione è usare alcol o droghe allora il genitore deve intervenire a gamba tesa, al primo sgarro». Puoi approfondire leggendo: Essere un bravo educatore è possibile? Ne parliamo con il dott. Alberto Pellai

ALESSANDRA TESTA
giornalista, direttrice responsabile Rivista Etica "Genitori"

Contatti: redazione@bambiniegenitori.it

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