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La crescita dei figli e il loro bisogno di indipendenza, si scontra con il bisogno di “sicurezza” dei genitori per il controllo di situazioni che a loro sfuggono, come la vita online dei figli.
Proprio questo “controllo” crea i conflitti fra genitori e figli. Nel suo libro “It's complicated. La vita sociale degli adolescenti sul web”, Danah Boyd (2014) mette in evidenza il rapporto conflittuale dei genitori nei confronti della vita dietro lo schermo dei loro figli. Da un lato, la loro preoccupazione per le ore passate davanti ad uno schermo anziché “godersi la vita”; dall’altro, l’effimero senso di “sicurezza” che i genitori provano, vedendo i figli a casa e credendo sia tutto “sotto controllo”.
Questo contenuto? È Certificato!
Se sto scrivendo qui, sul blog e sulla rivista etica per Genitori, è perché l’Ente italiano “Bambini & Genitori”, la prima Community NOprofit nel panorama educativo nazionale, ha certificato l’etica di quello che stai leggendo.
Grazie al suo Comitato Scientifico, che vede nomi autorevoli come Paolo Crepet, Maria Rita Parsi e Alberto Pellai, veri luminari sull’educazione genitoriale; ha ritenuto che questi contenuti seguano le linee-guida educative del terzo millennio, siano pedagogicamente corretti e propedeutici allo sviluppo degli adulti di domani, quindi buona lettura!
Cosa accade durante l’adolescenza dei propri figli?
Lo sviluppo di una progressiva autonomia e voglia di indipendenza tipica dell’adolescenza, si scontra con la ricerca costante di “sicurezza” dei genitori che passa attraverso il bisogno di avere sotto controllo situazioni che sfuggono alla loro comprensione, come la vita online dei loro figli. Da qui, smartphone e social media divengono terreno di incontro e scontro: incontro, nel momento in cui permettono di gestire a distanza i vari momenti delle relazioni genitori-figli; scontro, nel momento in cui tali tecnologie interferiscono nella relazione genitori-figli frapponendosi alle interazioni in presenza. Si parla infatti di:
- Technoference per definire tutti i momenti in cui una tecnologia interrompe l’interazione fra genitori e figli (ad es. l’arrivo di una notifica, una chiamata, un messaggio, ecc…).
- Phubbing, letteralmente phone snubbing, quando uno dei due interlocutori, figlia/o o genitore (in tal caso parental phubbing) “snobba” l’altro interlocutore durante l’interazione in presenza spostando l’attenzione sul contenuto che arriva allo smartphone.
A questo proposito, puoi approfondire leggendo: Come è cambiato il ruolo dei genitori? Generazioni a confronto
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Quando l’uso delle tecnologie da parte dei genitori ricade sui figli?
Se, da un lato, può essere utile riflettere, sino a quale età sarebbe opportuno vietare l’uso di smartphone e social media, dall’altro occorre anche considerare l’uso del digitale che fanno gli stessi genitori che sono troppo spesso inconsapevoli degli effetti che il loro utilizzo ha sui propri figli.
Ad esempio, spostare l’attenzione sullo smartphone mentre si sta interagendo con i figli perché arriva lo squillo di un contenuto digitale (messaggino o telefonata che sia) ha due effetti deflagranti:
- lede la loro autostima e la fiducia nella relazione genitoriale;
- mostra un comportamento inadeguato con la tecnologia che diventa “il proprio modo” di fare nell’età adulta.
Allo stesso tempo, vivere queste tecnologie come utili alleate per controllare a distanza i propri figli (si pensi ad es. al registro elettronico scolastico, al parental control, ai sistemi di geolocalizzazione) usati come fossero una sorta di “collare elettronico”, rischia di generare ancora più conflitti piuttosto che sostenere l’apertura di un dialogo genitori-figli.
Divenire adulti, sapersi prendere le proprie responsabilità, essere consapevoli dei rischi e delle proprie capacità, maturare un’adeguata fiducia in sé stessi e negli altri, sono tutte importanti conquiste dello sviluppo che passano obbligatoriamente per una progressiva autonomia e indipendenza, anche dalla sfera genitoriale.
Paradossalmente noi adulti, siamo tutti propensi a difendere a spada tratta il nostro diritto alla privacy, salvo poi ledere quella dei nostri figli per un eccessivo impulso al controllo che, spesso, cela le insicurezze determinate dal fatto di non voler ammettere che i figli crescono e hanno diritto di sbagliare e poter anche far fronte alle conseguenze dei propri errori, imparando da essi.
Cosa fare e cosa non fare?
Sull’uso dello smartphone e dei social media, il no “categorico” non funziona, particolarmente con i bambini più piccoli e soprattutto se lo smartphone è stato utilizzato come strumento di gioco per sedare un momento di tensione. Infatti, il rinforzo positivo generato dall’uso dello smartphone per alleviare un momento di frustrazione, farà sì che anche in futuro il figlio ricerchi la stessa dinamica.
È importante saper gestire in modo differente la frustrazione, ad esempio con altri strumenti e, soprattutto, con il dialogo. Durante la preadolescenza e l’adolescenza, è molto importante evitare il muro a muro, meglio un dialogo aperto e sincero.
Soprattutto, evitare di pensare che i nostri figli non devono “provare” delusioni o ansie determinate anche dal vivere online: crescere e sviluppare abilità e competenze significa, saper imparare a superare da soli le sfide che la vita ci pone davanti. E un “no” motivato è certamente più efficace, a patto che anche noi, come genitori, siamo in grado di essere figure di riferimento adeguate e agire comportamenti coerenti con i principi e le regole che vogliamo trasmettere ai nostri figli.
ELVIS MAZZONI
Professore associato dipartimento di psicologia Università di Bologna. Co-fondatore del progetto di benessere digitale “Diversamente Digitali”
Contatti: tel. 335.658.69.66
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STEFANIA CARDINALI
esperta di comunicazione digitale,
business developer Univeil consulting
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