L’adolescenza coinvolge anche i genitori che possono vivere difficoltà sul relazionarsi con loro... come fare?
Alzino la mano tutti quei genitori che sono rimasti almeno una volta spiazzati, sorpresi o arrabbiati di fronte al di fronte alle risposte o i silenzi del proprio/a figlio/a adolescente o al loro comportamento.
Ma perché è così difficile comunicare con gli adolescenti? E perché è così importante provare a farlo bene?
In psicologia viene definita comunicazione è ciò che ci permette di entrare in interazione con gli altri e di trasmettere dei contenuti. Si possono condividere vari aspetti, come gli stati interiori (pensieri e sentimenti), informazioni sull’ambiente, su oggetti concreti o simbolici. La comunicazione ha sempre due componenti: la prima verbale, ossia il contenuto che viene espresso a parole; la seconda non verbale, che passa attraverso “il linguaggio del corpo”, come le espressioni del viso, la postura del corpo, tono della voce.
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Per comunicare in modo efficace è necessario che queste due dimensioni siano coerenti tra loro, altrimenti si finisce per inviare un messaggio poco chiaro mettendo a disagio l’interlocutore e dando origine a litigi o fraintendimenti.
Quindi comunicare non vuol dire semplicemente scambiarsi informazioni, ma significa essere capaci di condividere pensieri, esprimere emozioni, sentimenti, desideri, bisogni, raccontare esperienze.
Comunicare in famiglia con i ragazzi non è sempre semplice e non vi è un manuale che porta a un risultato certo. Essere genitori di un adolescente significa prima di tutto cercare un nuovo equilibrio rispetto a quello che ha caratterizzato la fase di vita precedente, ossia l'infanzia.
Questo nuovo assetto va costruito passo dopo passo, momento dopo momento, con attenzione, mostrando interesse verso quello che il proprio/a figlio/a sta vivendo, sentendo, raccontando.
Si possono individuare diverse linee guida su cui basare questo nuovo equilibrio in costruzione:
- mostrare interesse, senza giudizio. Questo atteggiamento si basa su ascolto, curiosità, comprensione e accettazione. Scrive Rogers: «Quando qualcuno ti ascolta davvero senza giudicarti, senza cercare di prendersi la responsabilità per te, senza cercare di plasmarti, ti senti tremendamente bene. Quando sei stato ascoltato e udito, sei in grado di percepire il tuo mondo in modo nuovo e andare avanti».
- Non farsi condizionare dalle proprie aspettative. Spesso osservare la nuova identità che si sta formando mette in luce come questa sia molto diversa da quella che si era immaginata. Il confronto con le proprie aspettative e l’accettazione della realtà del figlio sono essenziali per comunicare con l’altro, per mostrare un vero e sano interesse per la persona che sta diventando. Spesso, infatti, le proprie idee, i propri valori e desideri impediscono la reale accettazione il proprio figlio portando a quell'incongruenza tra componente verbale e non verbale che genera conflitto di cui parlavamo poco sopra.
- Parlare delle proprie emozioni. Può essere molto utile educare i figli a parlare di emozioni a partire dalle proprie esperienze di vita e anche dai propri fallimenti. Ciò aiuta a non sentirsi inadeguati e inferiori se non rispecchiano ciò che gli altri gli chiedono o si aspettano da loro.
- Definire limiti e regole. Spesso questo tema diventa luogo di discussione e tensione. Orario in cui rientrare, amici fa frequentare, sostanze da temere, numero di uscita settimanali: è importante costruire un confronto anche su questi temi, e cercare di comprendere le richieste dei ragazzi da un lato e dall'altro i figli devono avere chiari i limiti proposti dai genitori e capire le motivazioni alla base di queste.
TIZIANA BROGGINI
FRANCESCA CASARTELLI
psicologhe
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