I conflitti sono utili per la crescita dei figli? Ascoltiamo i consigli di Paolo Crepet

«I genitori hanno paura, ma concedono ai figli infiniti spazi di libertà. Dicono sì a tutto, in una sorta di buonismo educativo che prima o poi gli si ritorcerà contro.»

Con oltre 150.000 copie vendute per entrambi i suoi ultimi due libri Prendetevi la luna e Mordere il cielo (Mondadori), Paolo Crepet è il grande eretico della Comunità Educante di Bambini e Genitori, il primo Ente NOprofit a sostegno delle famiglie.

Citato di recente dalla preside di Bari Tina Gesmundo per sottolineare provocatoriamente che non servono gli esperti per capire che «la crisi dei giovani non è colpa dei social ma dei genitori», lo psichiatra e sociologo ribadisce i suoi convincimenti come un mantra: «La famiglia ha perso la sua autorevolezza e non sa porre né regole né limiti ai ragazzi, che hanno imparato, già da piccolissimi, a far tutto ciò che vogliono». E il primo vero terreno di scontro fra genitori e figli arriva in età evolutiva.

Come legge i conflitti generazionali di oggi?

«Sinceramente, non vedo alcun conflitto fra genitori e figli. Magari ci fosse, sarebbe un bene per entrambi imparare ad ascoltare, dialogare e confrontarsi. La maggior parte dei genitori di oggi, invece, ha smesso gli abiti del capitano e indossato quelli dell'amicone. La perdita di autorevolezza delle famiglie ha raggiunto limiti inenarrabili. Non bisogna avere paura di essere impopolari, i "no" aiutano a crescere e, soprattutto, per i ragazzi imparare ad accettarli con il giusto equilibrio li farà essere pronti quando la vita consegnerà loro le prime delusioni e sconfitte». Se vuoi approfondire, può esserti utile leggere: Bisogna avere il coraggio di fare scelte impopolari: ecco i consigli di Paolo Crepet


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Come aiutare i ragazzi a uscire dalla dipendenza dal virtuale?

L'utilizzo di smartphone e social network provoca inevitabilmente conflitti in famiglia? «È abbastanza difficile aiutarli se i genitori, che sono i primi a dover dar l'esempio, sono sempre con la testa in uno smartphone».

I genitori hanno gli strumenti per distinguere nell'iperspazio del digitale ciò che è pericoloso da ciò che non lo è?

«Non ne sarei sicuro… basta leggere la cronaca per capire che i genitori sono abbastanza confusi su questo punto. Se mi guardo intorno vedo poca differenza fra i comportamenti di certi adulti e quelli dei loro figli. Fanno persino le "seratone" insieme (!).

Se i primi vivono un'adolescentizzazione assoluta del proprio ruolo, paradossalmente i secondi diventano grandi prima del tempo. Troppo. Questa deriva non è affatto sana. Io non sono certo un censore, ma servirebbe buon senso: evitare un'esposizione prolungata ai minori e la dipendenza che ne consegue sarebbe il minimo sindacale. Fino ad una certa età, oltretutto, la presenza e la mediazione di un adulto sono indispensabili. Ma se il genitore non è più adulto e non capisce che a un certo punto quel telefonino glielo deve togliere di mano che succede?». A questo proposito, puoi approfondire leggendo: Come siamo noi genitori di oggi? Ascoltiamo i consigli di Paolo Crepet

C’è una petizione presentata da Alberto Pellai e Daniele Novara per chiedere al Governo italiano di limitare l'uso degli smartphone sotto i 14 anni e dei social sotto i 16.

Lei concorda con i suoi colleghi?

«Certo che sì. Ci sono però molti altri studiosi che dicono il contrario e che temono di provocare con i divieti un trauma ai ragazzi. La verità è che se le famiglie avessero ancora autorevolezza saprebbero che educare significa saper togliere invece che aggiungere. Saper mettere regole e confini. Bisogna, però, innanzitutto evitare di trasmettere messaggi controversi: i genitori dovrebbero autoregolamentasi e ridurre per primi l'utilizzo del  proprio smartphone».

Quando i genitori devono chiedere aiuto per affrontare i conflitti con i figli?

«Lasciatemelo dire chiaramente: i genitori è inutile che chiedano aiuto se poi non sono disponibili a cambiare. Esempio piccolo sull'autonomia: smettete di preparare lo zaino a vostro figlio, lasciatelo fare da solo che è capace.

Se mi applaudono e dicono che ho ragione ma poi continuano a reiterare quella condotta io cosa posso fare se non continuare a sgolarmi e a scrivere il mio pensiero in ogni dove? Posso solo sperare, visto che non sono proprio invisibile, che qualcuno da qualche parte prima o poi mi ascolti davvero». Puoi approfondire leggendo: Vogliamo crescere figli felici? Ascoltiamo i consigli di Paolo Crepet

ALESSANDRA TESTA
giornalista, direttrice responsabile Rivista Etica "Genitori"

Contatti: redazione@bambiniegenitori.it

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