«Vorrei che i tuoi Natali non fossero colmi di doni – segnali a volte sfacciati delle nostre assenze – ma di attenzioni».
«Vorrei che gli adulti che incontrerai fossero capaci di autorevolezza, fermi e coerenti: qualità dei più saggi. La coerenza, mi piacerebbe per te. E la consapevolezza che nel mondo in cui verrai esistono oltre alle regole relazioni e che le une non sono meno necessarie delle altre, ma facce di una stessa luna presente.
Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore.
Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione».

Mentre il suo ultimo libro Lezioni di sogni (Strade Blu, Mondadori) è alla decima ristampa, lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet cita uno dei suoi titoli più venduti: Non siamo capaci di ascoltarli. Riflessioni sull'infanzia e sull'adolescenza (Einaudi), pubblicato la prima volta nel 2001.
Sulla necessità dei ragazzini di essere "visti" dagli adulti di riferimento, Crepet non usa eufemismi.
«Anche per colpa dell'infantilismo di ritorno dei genitori e per lo strapotere della tecnologia in cui sono sempre immersi, i bambini di oggi vivono tutto troppo in fretta. L'adolescenza è anticipata addirittura alla scuola media».
Come vivono i nostri figli l'età di mezzo dell'adolescenza?
«Purtroppo, troppo spesso con rabbia. Hanno un telefonino in mano già a undici anni e, seppur iperprotetti, spiati, geolocalizzati, con gli occhi dei genitori sempre addosso, in casa si sentono soli. A tu per tu con la tecnologia, chiusi nella loro stanza».
E quando sono fuori casa?
«Da un lato, si impedisce loro di mettere le mani nella marmellata, di fare esperienze, di annusare il pericolo. Lo smartphone è diventata la coperta di Linus di madri e padri: glielo regalano sempre più presto, per sapere dove sono in ogni momento. Così facendo, però, non si controllano i figli ma le proprie paure. Le paure di genitori. Dall'altro lato, anche piccolissimi, hanno infinite libertà: il mondo virtuale offre qualsiasi cosa in tempo reale, basta un clic. È arrivato il momento di dire basta».

A che cosa?
«A tutte le contraddizioni in cui siamo immersi. Genitori che sembrano aver fatto un salto indietro nell'infanzia, che non sanno più indicare limiti e confini. Che non sanno dire "no". E figli che non hanno tutor che li accompagnino e guidino nella crescita e che possono sentirsi persi».
Ci può fare un esempio pratico di contraddizione?
«Gli studenti vanno in piazza per chiedere giustizia climatica. E poi tornano a casa e ordinano, perché lo hanno visto fare dai mamma e papà, quel che desiderano su Amazon o si fanno portare la cena a casa da un rider. È un mondo totalmente schizofrenico, incoerente. E invece sarebbe proprio di coerenza, che è figlia dell'autorevolezza degli educatori, che avrebbe bisogno un ragazzo che sta crescendo».
Qual è lo sbaglio più evidente dei genitori contemporanei?
«Ci sono chiaramente delle eccezioni, ma mi sembrano parecchio confusi. Bisognosi di aiuto, come fossero essi stessi dei bambini. Anche se il mondo va alla velocità della luce, neanche l'intelligenza artificiale cambia i bisogni degli adolescenti. Il ruolo delle famiglie rimane lo stesso: i genitori devono dedicare ai figli il loro tempo migliore. Guardarli e, soprattutto, ascoltarli. Dialogare. Non devono aver paura di entrare nelle loro stanze, di fare domande, di dettare delle regole. I ragazzi non chiedono altro che la nostra attenzione. Non vogliono essere invisibili».

ALESSANDRA TESTA
giornalista, direttrice responsabile Rivista Etica "Genitori"
Contatti: redazione@bambiniegenitori.it
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